29 novembre, 2005

Museo come un blog

Quando il messaggio e il linguaggio si fondono ... Mi è piaciuto il titolo di questo articolo che riporto di seguito:

Museo come un blog

ANTONELLA PIPERNO
Panorama, 24/11/2005

NUOVA ESPOSIZIONE ALLA SINAGOGA DI ROMA

La storia e la cultura della più antica comunità d'Europa in un rinnovato percorso didattico di 600 metri quadrati. Per raccontare l'apporto degli ebrei romani alla civiltà. Mixando arditamente antico e moderno si potrebbe paragonare il nuovo museo ebraico di Roma a una sorta di blog della più antica comunità d'Europa: un racconto espositivo della sua storia e della sua cultura, con sala dedicata alle «feste della vita», dove campeggia una tavola apparecchiata, come tradizione comanda, per lo shabat, il sabato ebraico.Ma sarebbe un errore considerarlo una meta destinata a interessare soltanto gli ebrei, italiani o stranieri che siano. Lo spazio che viene inaugurato il 22 novembre nei locali della sinagoga di lungotevere Cenci (aperto da domenica a giovedì dalle 10 alle 17; venerdì dalle 9 alle 14, sabato e festività ebraiche chiuso; ingresso 7,50 euro) punta a catturare gli studenti, i turisti, come pure gli appassionati di storia dell'arte, degli argenti, dei marmi e dei tessuti antichi, considerando l'imponenza delle collezioni in mostra, con centinaia di pezzi che arrivano da ogni parte d'Europa, alcuni dei quali del lontano Quattrocento.Difficile, di fronte a tanta abbondanza, pensare che esistesse già tutto. Perché il nuovo museo ebraico è semplicemente il frutto di un nuovo allestimento, di un trasloco e di un sapiente percorso didattico che la comunità ebraica ha allestito grazie al sostegno del ministero dei Beni culturali, dell'Unione Europea e anche di Regione Lazio, Comune di Roma e Alcatel. Il museo esisteva dal 1959 ma era sacrificato al pianoterra del complesso della Sinagoga, in appena 200 metri quadrati, con i pezzi in mostra ammassati e poco valorizzati. Quattro anni fa è partito il progetto per farlo scendere nel seminterrato della sinagoga, 600 metri per l'occasione bonificati dal ministero dei Beni culturali, che fino ad allora ospitavano il forno per il pane azzimo della Pasqua e le riunioni dei centri giovanili. «Il nuovo spazio ci ha permesso di creare un percorso didattico che da finalmente lustro agli oggetti» spiega a Panorama la storica dell'arte e direttrice del museo Daniela Di Castro «e di raccontare l'apporto degli ebrei romani alla civiltà, che va molto al di là del folclore e dei carciofi alla giudia». Il nuovo museo, progettato da Manuela Luca Dazio, accoglierà i visitatori in sei sale espositive, con pannelli illustrati da didascalie in italiano, inglese ed ebraico, e vetrine costruite dalla stessa ditta che ha curato quella che protegge la Gioconda al Louvre. La prima sala è dedicata al Guardaroba dei tessuti, con velluti rinascimentali decorati da fili d'oro e ricami e merletti di età barocca.La seconda sala, Da Judei a giudei, espone calchi di lapidi delle catacombe di Roma e della sinagoga di Ostia antica che insieme a manoscritti del Medioevo puntano a ricostruire la presenza ininterrotta degli ebrei nella capitale per oltre 2 mila anni. A chiarire, insomma, che lontani dall'essere una sorta di immigrati, gli ebrei vantano una romanità più antica degli abitanti di svariati rioni.E anche tradizioni radicatissime: prima di accedere alla terza sala, dedicata alle Feste dell'anno, con la menorah, il candelabro che si mette in tavola per il sabato ebraico, e lo shofar, il corno che si suona in sinagoga nella ricorrenza del Kippur, c'è il Corridoio del ghetto e delle Cinque scole che illustra le ricette della cucina ebraica, il dialetto giudaico-romanesco, gli antichi mestieri.La quarta sala è dedicata ad argenti, tessuti e marmi policromi, un tributo agli oggetti che gli ebrei del ghettodonarono alle loro sinagoghe. Impossibile poi, quando si parla dì ebrei capitolini, non ricordare le leggi razziali: il compito è affidato al video Una stella sul Tevere. Gli ebrei dall'emancipazione a oggi, che attraverso testimonianze e filmati si sofferma sul tragico periodo delle deportazioni. Anche se, più che a concentrarsi sulle sofferenze ebraiche, il museo punta a esaltare vita e tradizioni. Mettendo in mostra anche i talled, gli scialli di preghiera maschili, e le ketubah, le pergamene decorate dei contratti matrimoniali.