Open source nei beni culturali
L’impiego di software open source può consentire, soprattutto alle piccole istituzioni culturali o ai professionisti free-lance del settore, di risparmiare sull’acquisto delle licenze e sull’eventuale diffusione del programma a scopi didattici e divulgativi.
Obiettivo principale di chi opera nel settore dei beni culturali è infatti quello di fornire il più ampio accesso al patrimonio, e l’impiego di software a codice sorgente aperto ben si sposa con questa filosofia.
In tale ottica, il Ministero per l’innovazione e le tecnologie ha emanato la direttiva del 19 dicembre 2003 “Sviluppo ed utilizzazione dei programmi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni” (G.U. del 7 febbraio 2004), con la quale si invitano le pubbliche amministrazioni a “tener conto della offerta sul mercato di una nuova modalità di sviluppo e diffusione di programmi informatici, definita “open source” o “a codice sorgente aperto”. L'inclusione di tale nuova tipologia d'offerta all'interno delle soluzioni tecniche tra cui scegliere, contribuisce ad ampliare la gamma delle opportunità e delle possibili soluzioni, in un quadro di equilibrio, di pluralismo e di aperta competizione”. L’obiettivo di tale iniziativa è quello di promuovere l’interoperabilità tra i diversi sistemi informatici della pubblica amministrazione ed evitare che i sistemi informatici siano dipendenti da un unico fornitore o da un’unica tecnologia proprietaria.
fonte OTEBAC
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